Aikido

   Io desidero che la gente presti ascolto al messaggio dell'Aikido. L'Aikido non serve per correggere gli altri: è un correggere la tua mente. Questo è l'Aikido. Questa è la missione dell'Aikido e questa dovrebbe essere la tua missione   

Morihei Ueshiba
Fondatore dell'Aikido

L’aikidō (scritto in kanji) o anche (usando un kanji più antico) è una disciplina psicofisica giapponese praticata sia a mani nude sia con le armi bianche tradizionali del Budo giapponese di cui principalmente: “ken” (spada), “jo” (bastone) e “tanto” (il pugnale).

I praticanti sono chiamati aikidoka.L’Aikido deriva principalmente dall’arte marziale del Daitō-Ryū Aikijūjutsu, ma iniziò a divergere da essa sin dalla fine degli anni 1920, in parte dovuto al coinvolgimento di Ueshiba con la religione Ōmoto-kyō. Dei documenti dei primi allievi di Ueshiba riportano il nome aiki-jūjutsu. La disciplina dell’aikido fu sviluppata da Morihei Ueshiba anche chiamato dagli aikidōka Ōsensei (Grande maestro) a cominciare dagli anni trenta del ‘900.

Significato del termine (aikido)

AI-KI-DO

Il nome aikido è formato da tre caratteri sino-giapponesi: ai ki do la cui traslitterazione è la seguente:

(ai) significa “armonia” e nel contempo anche “congiungimento” e “unione”;

(ki) è rappresentato dall’ideogramma giapponese che, nei caratteri della scrittura kanji, raffigura il “vapore che sale dal riso in cottura”. Significa “spirito” non nel significato che il termine ha nella religione, ma nel significato del vocabolo latino “spiritus”, cioè “soffio vitale”, “energia vitale”. Il riso, nella tradizione giapponese, rappresenta il fondamento della nutrizione e quindi l’elemento del sostentamento in vita ed il vapore rappresenta l’energia sotto forma eterea e quindi quella particolare energia cosmica che spira ed aleggia in natura e che per l’Uomo è vitale. Il “ki” è dunque anche l’energia cosmica che sostiene ogni cosa. L’essere umano è vivo finché è percorso dal “ki” e lo veicola scambiandolo con la natura circostante: privato del “ki” l’essere umano cessa di vivere e fisicamente si dissolve;

() significa letteralmente “ciò che conduce” nel senso di “disciplina” vista come “percorso”, “via”, “cammino”, in senso non solo fisico ma anche spirituale.

(ai-ki-do) significa quindi innanzi tutto: «Disciplina che conduce all’unione ed all’armonia con l’energia vitale e lo spirito dell’Universo».

Ueshiba Morihei, il fondatore dell’aikido, usava dire che l’aikido anela sinceramente a comprendere la natura, ad esprimere la gratitudine per i suoi doni meravigliosi, ad immedesimare l’individuo con la natura. Quest’aspirazione a comprendere e ad applicare praticamente le leggi della natura, espressa nelle parole “ai” e “ki”, forma l’essenza ed il concetto fondamentale dell’arte dell’aikido.

L’Aikido fu creato da Morihei Ueshiba, Tanabe 14 dicembre 1883 – Tokyo 26 aprile 1969), i praticanti di aikido si riferivano a lui con il termine Ōsensei (“Grande Maestro”).

L’aikido ha infatti conosciuto due distinte fasi evolutive che possono essere identificate in modo abbastanza agevole: la prima intimamente collegata al percorso evolutivo dello studio del Budo giapponese da parte del fondatore ed una seconda a partire dagli anni immediatamente successivi alla seconda guerra mondiale, periodo in cui l’aikido iniziò la sua rapida affermazione nel mondo intero, in modo particolarmente veloce e ramificato a decorrere dagli anni successivi alla morte del suo fondatore. Le basi tecniche ed i principi della pratica delle arti marziali seguita dal fondatore, differirono grandemente a seconda delle epoche di evoluzione del percorso del suo studio delle arti marziali e della realizzazione della propria personale con

Era Taishō (1912-1926).

Dal primo al sesto anno dell’epoca Shôwa (1926-1931).

In questi anni il fondatore si allontanò dalla religione per dedicarsi completamente al Budō fino a diventare uno specialista nei principali stili di arti marziali giapponesi. Dal Daitôryû Aikijujitsu si entra nell’epoca dello Ueshiba-ryû “Aiki-jutsu” , successivamente modificato in “Aiki-bujutsu”  e in seguito “Aiki-budô” .

Il fondatore aggiunse al Daitōryu le sue conoscenze specifiche relative alle tecniche di lancia (Sōjutsu) e di spada (Kenjutsu), di cui era un rinomato esperto, creando così il metodo uchikomi, una sorta di “kata che vive”, che viene considerato tipico dell’aikidô.

Nel 1927 il fondatore si trasferisce con la famiglia a Tokyo, nel distretto di Shiba Shirogane , ed in una sala provvisoriamente concessagli dal principe Shimazu inizia l’insegnamento della “Via dell’Aiki” che in quegli anni denominò: Aiki-Budō .

Nell’ottobre 1930 Ueshiba Morihei aveva temporaneamente spostato il suo Dojo nella località di Mejirodai e qui andò a fargli visita Jigorō Kanō, il fondatore del Judo, il quale vedendo Ueshiba praticare il suo Aiki-Budō esclamò: “…ecco il mio Budo ideale…” ed immediatamente inviò due dei suoi migliori allievi, Jiro Takeda e Minoru Mochizuki, a studiare presso Ueshiba.

Nel 1931, dopo essere passato attraverso alcune altre sistemazioni di fortuna, inizia l’attività del Dojo Kobukan a Wakamatsu-cho, Shinjuku, Tokyo, che diventerà poi il centro mondiale dell’aikido (Hombu Dojo Aikikai).

Seconda fase: sviluppo e diffusione in Giappone e nel mondo:

L’aikido si diffonde in Giappone (1931-1947).

Nel 1940 la Fondazione Kobukai viene ufficialmente riconosciuta dal governo giapponese: inizia ad Iwama-Machi, nella prefettura di Ibaraki, l’allestimento di un luogo all’aperto per la pratica.

Nel 1942 viene ufficialmente adottato il nome “aikido”.

Nello stesso anno il figlio Kisshomaru Ueshiba diviene presidente della Fondazione Kobukai.

Nella primavera del 1943 il fondatore decise di abbandonare tutti gli impegni fino ad allora presi nei confronti dell’esercito, della marina e del mondo delle arti marziali per rifugiarsi nella cittadina di Iwama, Prefettura di Ibaragi, dove si dedicò all’agricoltura, coniugando la sua passione per le arti marziali all’amore per la natura.È in questa fase che si venne a creare:

“L’aikidô in quanto Via di tutti coloro che coltivano il grande amore per il cielo e la terra”.È questa l’epoca, dal dopoguerra in poi, in cui l’aikidô fu presentato al pubblico e si venne a diffondere in tutto il mondo.

L’aikido si espande nel mondo (dal 1947 ~).

Nel 1947-1948 avvenne la riorganizzazione del Kobukai che diventa “Fondazione Aikikai” e Kisshomaru Ueshiba diventa Direttore Generale della Fondazione Hombu Dojo.In questi anni emerge la figura di Koichi Tohei, 8º dan , uno fra i migliori allievi del fondatore dal quale, negli anni dell’immediato dopoguerra, ricevette l’incarico di rappresentarlo quando eccellenti praticanti di altre arti marziali provenienti dall’intero territorio del Giappone ed anche dall’estero, increduli sull’efficacia delle armoniose e non violente tecniche d’aikido, si recavano personalmente all’Hombu Dojo Aikikai di Tokyo per sfidare la fama d’invincibilità che l’aikido si stava procurando in Giappone e che man mano iniziava a diffondersi anche all’estero: nessuno di questi sfidanti fu mai in grado di superare il primo incontro con il valentissimo Tohei, per cui il fondatore non ebbe mai più bisogno di rispondere personalmente ad alcuna delle sfide che in quegli anni ancora si usava portare ai capiscuola dei vari stili delle arti marziali.

L’indiscussa superiorità e qualità tecnica dell’aikido praticato da Tohei, fece sì che nel maggio del 1956 il fondatore stesso gli conferisse l’incarico di “Capo del corpo insegnanti” (Shihan Bucho) dell’Hombu Dojo Aikikai e lo designasse quale inviato ufficiale e proprio rappresentante nelle prime occasioni di presentazione dell’aikido all’estero.

Nel 1953 Tohei si reca per la prima volta in occidente, alle isole Hawai (località occidentale di grande valenza strategica per il suo legame con i noti accadimenti di Pearl Harbor che segnarono l’inizio delle ostilità belliche verso gli U.S.A. da parte del Giappone), dove presenta l’aikido passando anche qui attraverso numerose sfide da parte degli increduli praticanti americani di svariate arti marziali, inclusi rappresentanti di vari corpi armati militari americani particolarmente addestrati nei tradizionali sistemi occidentali di lotta e di combattimento corpo a corpo. Tohei sbigottì talmente i suoi sfidanti americani, che la rivoluzionaria tecnica dolce ed armoniosa dell’aikido divenne immediatamente fortemente ambita in ogni parte degli U.S.A. e quindi fra gli anni 1953~1963 Tohei fu di fatto completamente assorbito nel compito di divulgazione dell’aikido attraverso oltre 21 stati degli U.S.A.

L’opera di divulgazione dell’aikido negli U.S.A. culminò nel marzo del 1961, quando Ueshiba Morihei fu accompagnato da Tohei in un viaggio alle Hawai e successivamente Tohei espanse la sua opera di diffusione nei diversi continenti del mondo.

Ben presto sulla scia del successo riportato da Tohei, altri allievi diretti del fondatore iniziarono a viaggiare per il mondo per far conoscere questa nuova disciplina giapponese e rendere partecipe il mondo intero del messaggio etico e spirituale in esso contenuto.

Nel 1967 viene inaugurato il nuovo Hombu Dojo; in occasione dell’inaugurazione il fondatore tiene la sua ultima dimostrazione in pubblico. La città di Tokyo riconosce ufficialmente l’insegnamento dell’aikido. Il 26 aprile 1969 il fondatore muore, all’età di 86 anni. Gli viene conferita l’onorificenza postuma dello Zuihosho.

Il figlio Kisshomaru Ueshiba diviene il secondo Doshu dell’Hombu Dojo Aikikai, all’età di 48 anni.

Nel 1974 vengono gettate le basi per la I.A.F. (International Aikido Federation), di cui il Doshu Kisshomaru Ueshiba viene nominato presidente a vita e nel 1976 si tiene a Tokyo il primo congresso della I.A.F. con la partecipazione di oltre 400 delegati da 29 nazioni.

Il 4 gennaio 1999 muore Kisshomaru Ueshiba, dopo 30 anni alla guida dell’Aikikai.

Il figlio Moriteru Ueshiba diviene il terzo Doshu dell’Hombu Dojo Aikikai, all’età di 48 anni, dopo 24 anni dalla sua prima apparizione in pubblico.

Il fondatore in questo periodo si dedicò a numerose forme di Bujutsu  ed in particolare approfondì la pratica del “Daitō-Ryū Aikijūjutsu” sotto la guida di Sokaku Takeda , 35º successore della Scuola Daito.In quest’epoca il fondatore impostò la pratica sui kata.

Fra le scuole di Jujitsu  oltre a quelle che si basavano principalmente sul combattimento corpo a corpo e sul combattimento a terra, ne esistevano anche alcune che avevano tramutato i movimenti e le tecniche di spada in tecniche di tai-jutsu. La scuola Daitôryû di Aizu insegnata dal Maestro Takeda ed in cui il fondatore dell’aikido si distinse tra i migliori allievi, fu una delle più rappresentative.

Nel 1919 avviene il primo incontro con Onisaburo Deguchi, capo carismatico della setta religiosa Ōmoto-kyō  da cui verrà fortemente influenzata l’ispirazione della sua evoluzione spirituale.

Nel 1922 completa i suoi studi del Daitôryû Aikijujitsu e riceve da Sokaku Takeda il diploma “Kyoju Dairi”,grado di istruttore che lo certifica quale rappresentante della Scuola Daito.

Nel 1925 Ueshiba ebbe la sua prima occasione di “risveglio spirituale” quando, sfidato da un alto ufficiale della marina scettico sulle sue effettive abilità nella difesa senz’armi contro un avversario armato, invitato da questi a fornire una dimostrazione delle sue reali capacità, dopo aver avuto pieno successo nel disarmare a mani nudel’ufficiale armato di bokken vanificando il suo attacco al primo colpo, provò un improvviso mutamento interiore che lo rese capace di interpretare in una luce nuova il suo rapporto non solo con il Budō ma anche nei confronti di ogni aspetto della realtà esteriore.

Il fondatore ebbe anche altre occasioni di esperienze similari che, unitamente all’idea religiosa trasmessagli da Deguchi che sosteneva che l’Arte è la madre della religione e l’Arte permette la nascita della religione, lo spinsero ad un collegamento sempre più stretto fra “Arte” e “religiosità” favorendo in lui il raggiungimento di una visione religiosa delle Arti marziali e del Budō.

Questa sua peculiare ispirazione nel campo delle Arti marziali, fece maturare in Ueshiba il convincimento che, a partire dall’Arte e dalla sua capacità di elevare la spiritualità dell’Uomo, si possa arrivare a risolvere il problema esistenziale e religioso dell’Uomo stesso e quindi che ciò era possibile di riflesso anche in relazione alle “Arti” militari.

Questo convincimento condusse Ueshiba sempre più ad interiorizzare la propria pratica delle Arti marziali e, passando attraverso diverse crisi mistiche, alla fine concepì la visione del Budō come armonizzazione del Sé individuale con il Sé dell’Universo e da questa concezione la sua pratica delle Arti marziali si modificò fino ad assumere quei connotati di forme che il fondatore definì “Ai-Ki-Do”, cioè la sublimazione delle Arti marziali nell’essenza stessa dell’aspirazione spirituale, etica e sociale del Budō giapponese.

La finalità dell’aikido non è rivolta al combattimento né alla difesa personale, pur utilizzando per la sua pratica uno strumento tecnico che deriva dal Budo, l’arte militare dei samurai giapponesi; l’aikido mira infatti alla “corretta vittoria” (dal fondatore chiamata:  masakatsu) che consiste nella conquista della “padronanza di se stessi” (dal fondatore chiamata:  agatsu, cioè la “vittoria su di se stessi”), resa possibile soltanto da una profonda conoscenza della propria natura interiore. Con questo, il fondatore dell’aikido voleva affermare che per cambiare il mondo occorre prima cambiare se stessi e ciò significa che se si vuole veramente acquisire quella capacità che il fondatore dell’aikido definiva katsuhayabi, cioè di padroneggiare l’attacco proveniente da un potenziale avversario esattamente nell’istante e nella circostanza della sua insorgenza (nel Buddhismo Zen si direbbe: qui e ora), occorre aver preventivamente acquisito la capacità di padroneggiare pienamente se stessi.

L’aikido, pur discendendo quindi direttamente dal Budo giapponese e pur conservando e utilizzando nella sua pratica tutto il bagaglio tecnico di un’arte marziale, non è tuttavia finalizzato al combattimento e quindi a un risultato di tipo militare o di difesa personale, come potrebbe apparentemente sembrare osservando la sua pratica dall’esterno sul piano tecnico, ma è finalizzato al risultato della scoperta e dello studio delle leggi di natura che regolano le dinamiche e le relazioni che entrano in gioco nel rapporto fra gli individui nell’occasione dell’instaurarsi di un conflitto e/o un combattimento fra di loro; a tal fine, pur utilizzando il patrimonio tecnico appartenuto alle arti marziali giapponesi, in particolare al daitoryu-jujutsu, e pur simulando circostanze di conflitto e di combattimento, l’aikido non condivide la finalità dell’uccisione dell’avversario e neppure dell’offesa dell’avversario allo scopo di realizzare una difesa personale. L’aspetto dell’arte marziale e/o della difesa personale si riconducono all’aikido solamente in modo indiretto, quale elemento secondario della pratica, non quello principale

Le armi utilizzate in aikido tradizionalmente includono: bokken (spada di legno), e tantō (coltello.Oggi alcune scuole includono tecniche di disarmo. Viene insegnato, talvolta, a trattenere armi, intregrando gli aspetti armati con quelli disarmati. Altri, come lo stile Iwama di Morihiro Saito, solitamente trascorrono molto temo con bokkene jō, praticato rispettivamente sotto il nome di aiki-ken, e aiki-jō. Il fondatore ha sviluppato gran parte dell’aikido a mano nuda dai tradizionali movimenti di spada e di lancia, ma la pratica di questi movimenti non è solo finalizzata a favorire la maggiore comprensione sull’origine delle tecniche e dei movimenti, ma serve principalmente a rafforzare i concetti di distanza, movimenti dei piedi, presenza connessione con i propri compagni di allenamento.

I praticanti di Aikido,(comunemente chiamati aikidōka fuori dal Giappone), generalmente valutano i progressi raggiunti con la promozione attraverso l’avanzamento in una serie di “gradi” (kyū), seguito poi da un’altra serie di “gradi” (dan), nel rispetto delle procedure di esame formali. Alcune organizzazioni di aikido utilizzano come cinture, semplicemente la bianca e cintura nera, per distinguere i gradi dei praticanti e per differenziare i gradi inferiori e superiori, anche se vengono utilizzati alcuni colori di cintura. I requisiti d’esame sono variabili, quindi un particolare grado all’interno di una organizzazione non è paragonabile o intercambiabile con quello di un’altra.. Alcuni dojo non consentono agli studenti di poter far l’esame di dan se non si sono raggiunti almeno i 16 anni d’età.

   grado       cintura       colore       tipo   
kyū bianca mudansha / yūkyūsha
dan nera yūdansha

L’uniforme utilizzata per la pratica dell’ aikido (aikidōgi) è similare all’uniforme utilizzata (keikogi nella maggior parte delle arti marziali moderne) ; semplici pantaloni con una giacca avvolgente, solitamente di colore bianco. Vengono utilizzati con cotone spesso (“judo“), e sottile nel (“karate“). Gli specifici cotoni dell’Aikido sono corti ed arrivano appena sotto il gomito.

   Lo scopo dell’Aikido è di allenare la mente e il corpo, di formare persone oneste e sincere   

Morihei Ueshiba

Regole del Dojo

  • 1.  Conformarsi alle norme della buona educazione, osservare le regole e seguire fedelmente gli insegnamenti dei maestri.
  • 2.  Quando si entra nel dojo, togliersi nell’ingresso cappello, guanti, soprabito, ecc., e, dopo aver eseguito il saluto in direzione del lato principale (shomen), salutare il maestro e andare a cambiarsi nello spogliatoio.
  • 3.  Nel caso si arrivi in ritardo e l’allenamento sia già iniziato, si dovrà attendere ai bordi del tatami finché non siano conclusi gli esercizi di respirazione e torifune.
  • 4.  All’interno del dojo osservare l’armonia reciproca e impegnarsi nella pratica con gioia e serenità.
  • 5.  Praticare con serietà e spontaneità, sforzandosi di evitare infortuni.
  • 6.  Dedicare sufficiente tempo alla pratica da soli.
  • 7.  Non criticare mai le tecniche eseguite da altri praticanti.
  • 8.  Nella pratica con le armi (jo e bokken) attenersi correttamente alle regole stabilite.
  • 9.  L’abbigliamento usato durante la pratica (keikogi e hakama) deve essere sempre pulito.
  • 10.  Prima di iniziare la pratica è opportuno togliersi gioielli, orologi, ecc., legarsi i capelli, se portati lunghi, e assicurarsi che le unghie siano corte, al fine di prevenire incidenti.
  • 11.  Al termine di ogni allenamento fare sempre le pulizie del dojo così da permettere che la pratica si svolga in un ambiente pulito.
  • 12.  E’ proibito fumare all’interno del dojo e non sono ammesse persone in stato di ubriachezza.
  • 13.  Nel dojo astenersi dal fare discorsi di natura privata che esulano dal contesto della pratica e possono intralciarla.
  • 14.  I visitatori sono invitati ad osservare l’ordine stabilito all’interno del dojo e, dopo aver ottenuto il permesso, possono assistere agli allenamenti sedendo in seiza nel posto che viene loro indicato.
  • 15.  Quando ci si reca a praticare in altri dojo, osservare con attenzione le regole in essi stabilite e non toccare assolutamente gli oggetti (armi, ecc.) presenti nel dojo in cui si viene ospitati.

Norme generali di etichetta, regole da osservare sul tatami

  • 1.  Cercare di uniformare il modo di esprimersi e di comportarsi nella vita quotidiana alla pratica dell’aikido.
  • 2.  Evitare di passare davanti alle persone.
  • 3.  Quando si apre o si chiude una porta, accertarsi che non vi siano persone nelle immediate vicinanze.
  • 4.  Nel porgere o ricevere un oggetto utilizzare entrambe le mani.
  • 5.  Se ci si rivolge ad una persona seduta sul tatami, sedersi in seiza prima di salutare, parlare o porgere qualcosa.
  • 6.  Non soffermarsi in piedi dietro ad una persona che sta seduta sul tatami (tale norma di buona educazione deriva dal fatto che in Giappone tale posizione veniva tradizionalmente assunta da coloro che recidevano il collo a chi commetteva seppuku).

I 47 Ronin

Gli uomini di Asano, dopo aver atteso per due anni, pianificando l’attacco, lo vendicarono uccidendo il cortigiano e tutti i suoi discendenti maschi. Nonostante avessero seguito i precetti del bushidō vendicando il loro padrone e la loro impresa fosse stata vista con forte approvazione dai nobili di corte, 46 dei 47 rōnin vennero a loro volta obbligati a commettere seppuku per aver sfidato l’autorità imperiale. Il più giovane di loro, Terasaka Kichiemon, invece ricevette l’ordine di rimanere in vita per continuare a fare con regolarità le offerte in favore degli spiriti degli altri condannati, poiché solo uno dei quarantasette rōnin era abbastanza valoroso da essere degno di farlo.

La vicenda, che si è svolta tra la prima metà di marzo del 1701 (Asano commetteràseppuku il 14) ed il quattro febbraio del 1703 (anno in cui i ronin saranno costretti dal bakufu, il governo, ad uccidersi), ha ispirato un gran numero di racconti e rappresentazioni di teatro Kabuki, la più nota delle quali è il Chushingura. Gli uomini di Asano divennero eroi popolari, incarnando lo spirito del bushidō e furono in ogni tempo oggetto di un vero e proprio culto. Poiché la parola rōnin ha, nel linguaggio comune, una valenza spregiativa, i protagonisti della vicenda sono designati come “Quarantasette gishi (uomini retti)”.

Il loro leader, Oishi Kuranosuke, è rappresentato da una statua bronzea posta nel 1921 all’entrata del tempio Sengakuji di Tokyo, cioè nel luogo in cui si compì il loro destino e in cui si trovano le loro tombe[1].

Ogni anno sulla tomba i giapponesi arrivano da tutta la nazione per deporre dei fiori in ricordo del loro eroico sacrificio. Grazie al cinema, al teatro e alla letteratura questa vicenda è diventata popolare in tutto il mondo, caratterizzando in se stessa il vero spirito del bushidō.

Fonte wikipedia

Bonsai

Bonsai: un magico artificio

Qualcuno ha voluto paragonare l’arte del bonsai all’antica pratica cinese di fasciare stretti i piedi delle bambine, perché potessero conservare negli anni la grazia incantevole di una dimensione infantile. E in effetti tanto magico è il fascino di queste piantine in miniatura che in 30-40 cm d’altezza contorcono tronco e radici come alberi centenari esposti alla furia del vento. Il bonsai nacque in Cina, il termine pun-sai compare per la prima volta nel Celeste Impero durante la dinastia Tsin(265-420) e non significava nulla più che pianta (sai) in vaso(pun). I primi bonsai furono raccolti in natura così com’erano ed invasati. Non si sa con certezza come e quando i bonsai furono introdotti in Giappone, ma con molta probabilità i primi esemplari furono introdotti da qualcuno dei numerosi monaci buddisti che nel X e XI secolo si recavano in Cina a studiare le dottrine esoteriche Chan(in giapponese zen). I bonsai fanno la loro comparsa nell’arte figurativa giapponese verso la fine del XII secolo, in alcuni dei numerosi rotoli dipinti che narrano la vita dei monaci buddisti venerati per la loro virtù, come Saigyo’ o Ippen. All’interno di questi racconti, l’alberello in miniatura è un riferimento alla fonte cinese dell’insegnamento dei maestri e al tempo stesso un simbolo della loro elevata condizione sociale. Nel XIV secolo evidentemente la pratica del bonsai ha già cominciato a uscire dai monasteri e ad acquistare popolarità presso le classi alte. Immagini se ne ritrovano infatti anche in dipinti di genere raffiguranti case dell’aristocrazia o festività. E’ però in epoca Tokugawa (1600-1868) che il bonsai diventa un elemento d’arredo ricorrente e le stampe di Harunobu, Utamaro, Hokusai ne tengono conto, riservandogli spesso un posto nella scenografia domestica. Nei secoli a venire la coltivazione dei bonsai è divenuta un forma di esercizio spirituale (praticata nei monasteri zen) in quanto vi sono delle regole ben precise da rispettare, che portano la pianta ad assumere con il tempo la forma desiderata. Nella frequentazione giornaliera, l’uomo si avvicina alla natura e ai suoi ritmi, ma impara a conoscere e a sfruttare al meglio la qualità estetiche insite nell’alberello. Vi sono circa trenta stili di bonsai che si sono sviluppati negli anni, uno dei preferiti per l’impressione di naturalezza che comunica a dispetto della laboriosa lavorazione è quello “ventoso” evocazione di ambienti aspri e selvaggi. Anche in occidente si è diffusa recentemente la moda di queste deliziose piantine.

Geisha